Negli ultimi 4 anni, dal 2007 al 2011, al Sud si è verificato un aumento della pressione fiscale soprattutto per effetto dei piani di rientro sanitario. A pesare Irap e addizionale Irpef. La pressione fiscale derivante dai tributi regionali e’ aumentata dal 3,9% del 2011 al 4,6% del 2012. A fronte di ciò è invece diminuita la spesa pubblica, sia corrente sia in conto capitale. Lo afferma il rapporto Svimez, presentato oggi a Roma. Escludendo la spesa degli enti previdenziali, la spesa pro capite al Sud nel 2011 è risultata pari al 92% di quella del Centro-Nord. Guardando alle regioni a statuto ordinario, emerge che le spese correnti sono diminuite al Sud del 2,1% medio annuo dal 2007, mentre nel Centro-Nord solo dell’1,2%. E c’è un rischio concreto: che il Sud non riesca ad agganciare la ripresa nel 2014, con un Pil che resta inchiodato allo 0,1% a fronte di un +0,7% nazionale e un +0,9% del Centro-Nord. E’ dal 2007 che il tasso di crescita del Pil meridionale risulta negativo. Nel 2012 il Pil del Sud e’ calato del 3,2%, oltre un punto percentuale rispetto al Centro-Nord, dove è diminuito del 2,1%. Nel 2013 il calo sarà del -2,5% a fronte di un calo del Pil nazionale dell’1,8% e nel Centro-Nord dell’1,6%. E continua la desertificazione industriale del Sud, a dispetto delle politiche europee per le regioni svantaggiate che in Italia non riescono a dare frutti. Se Germania e Spagna dal 2001 al 2007 hanno fatto crescere il valore aggiunto industriale delle loro regioni svantaggiate del 40% e del 10%, in Italia il valore aggiunto industriale del Sud e’ rimasto fermo a quello del 2007. Poi la crisi: il valore aggiunto manifatturiero è sceso dall’11,2% del 2007 al 9,2% del 2012, la produzione è scesa del 25%, i posti di lavoro del 24% e gli investimenti del 45%. Negli ultimi 20 anni sono emigrati dal Sud circa 2,7 milioni di persone. Nel 2011 si sono trasferiti dal Sud al Centro-Nord circa 114.000 abitanti e continua la fuga di giovani e di cervelli. Secondo il rapporto Svimez, il 64% dei meridionali che nel 2011 hanno lasciato il Mezzogiorno per una regione del Centro-Nord aveva un titolo di studio medio-alto, diploma o laurea. I laureati diretti al Centro-Nord sono nel 2011 il 25% del totale, più che raddoppiati in dieci anni. E ancora: nel primo trimestre 2013 il Sud ha perso 166.000 posti di lavoro rispetto all’anno precedente, scendendo sotto la soglia dei 6 milioni. Non accadeva dal 1977. Nel 2012 il tasso di occupazione in età 15-64 anni è stato del 43,8% nel Mezzogiorno, a fronte di un 63,8% nel Centro-Nord. Nel 2012 il tasso di disoccupazione registrato ufficialmente è stato del 17% al Sud. I livelli raggiunti ci riportano agli inizi degli anni ’90. Il tasso di disoccupazione degli under 35 è salito al 28,5%. In aumento anche la durata della disoccupazione: nel 2012 al Sud il 60% dei disoccupati si trova in questa situazione da più di un anno. Il tasso di disoccupazione ufficiale rileva però una realtà in parte alterata. La zona grigia del mercato del lavoro continua ad ampliarsi per effetto, in particolare, dei disoccupati impliciti, di coloro cioè che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l’indagine. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord sfiorerebbe la soglia del 12% (ufficiale: 8%) e al Sud passerebbe dal 17% al 28,4% (era stimato al 22,4% nel 2008). Tra gli inattivi, al Sud, i diplomati sono il 33,7% e i laureati il 27,3%.
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