Disoccupazione al doppio rispetto al nord, pochi arrivi turistici, scarsa propensione all’export, carenze infrastrutturali e aumento di ”emigranti precari”, cioe’ di lavoratori meridionali che, perso il posto di lavoro al nord, tornano a casa. E’ un’area ancora in affanno quella meridionale, ma con ”tante eccellenze”, diverse in ciascun territorio, da valorizzare: parte da questo presupposto il Rapporto annuale 2011 ”Il sud, i sud”, presentato oggi a Roma dalla Societa’ Geografica Italiana. Per lo sviluppo del Sud serve uno ”scatto” congiunto che coinvolga ”cittadini e classi dirigenti”, ha affermato il Ministro della Coesione Territoriale, Fabrizio Barca. ”Il sistema e’ bloccato – ha spiegato uno dei curatori del rapporto, Tullio D’Aponte – dobbiamo individuare la filiera che puo’ risollevarlo”. Negli ultimi 5 anni, secondo la rielaborazione proposta dal Rapporto, il sud ha perso 143.000 occupati (il 2,2% o il 15,2% se si tiene in considerazione la classe di eta’ 15-35 anni). ”Il divario tra tasso di occupazione medio dell’UE (37,5%) e quello del Mezzogiorno e’ di 20 punti percentuali”, si e’ tornati ai ”livelli di 10 anni fa”, con cali ”piu’ consistenti in Abruzzo, Campania, Puglia. Su 100 giovani, al centro-nord sono attivi 84, al sud 60. Il tasso di disoccupazione raggiunge il 12,5% (5,9% al centro-nord)”. Gli emigrati erano partiti soprattutto da Napoli, Palermo e Bari, in cerca di un lavoro al nord, ma a causa della crisi, nell’ultimo anno, sempre piu’ numerosi sono tornati a casa. Nell’ultimo decennio solo un turista su cinque, in Italia, si e’ recato al sud. Nel Mezzogiorno ha fatto tappa meno del 12% dei turisti stranieri. Il Rapporto suggerisce ”l’istituzione di un’agenzia speciale per la promozione dell’offerta turistica” al sud. Per quanto riguarda l’export, la media e’ inferiore a quella nazionale: 10,2% (12,1% nel 2008) contro 22,1%. Risulta inoltre ”particolarmente ampio” il divario con il centro-nord (25,5%). In aumento negli anni pero’ l’esportazione verso il nord Africa: dal 4,6% del 2002 all’8,3% di oggi. Per quanto riguarda l’imposizione del “pizzo”, in Campania sono state ”documentate imposizioni mensili comprese, secondo la dimensione aziendale, tra i 25 e i 30.000 euro e prelievi una tantum tra i 50 e i 650.000 euro”. ”Arduo” e’ pero’ stimare i costi indiretti che la criminalita’ organizzata provoca allo sviluppo del Mezzogiorno. Infine, le reti ferroviarie sono insufficienti in cinque regioni e buone solo in Campania, Calabria e Puglia. Livelli di dotazione modesti si registrano inoltre per le tecnologie innovative, come reti telefoniche e telematiche.
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