“Stimatissimo Presidente della Repubblica, Lei ha pronunciato non molto tempo addietro una frase che ha molto toccato me come, credo, tutti i giovani italiani disperatamente alla ricerca di un lavoro degno di questo nome. Lei ha auspicato che “il lavoro non sia privilegio” ed io di questo le sono grata, anche se ormai credo che non ci sia piu’ speranza di risanare la condizione della mia generazione, figli di una classe media senza futuro”. Si apre cosi’ la lettera che Erika Pinto, 30 anni, laureata in Ingegneria Gestionale, originaria di Briatico (VV) e che si occupa di consulenza in ambito IT Security per un’azienda di Rende (Cosenza), ha scritto al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. “Presidente, non solo il lavoro e’ un privilegio, in Italia, perche’ riservato ai figli dei potenti, ai malavitosi, ai raccomandati, ai furbi, alle caste, ma lo e’ anche la Famiglia. Si’, la famiglia e’ essa stessa un privilegio. Presidente, mi spiega perche’ io che nasco in Calabria, la regione piu’ povera d’Europa, non ho diritto o speranza alcuna di poter godere della mia famiglia, tantomeno di costruirne una mia qui, in questa terra disagiata dove sono nata e cresciuta?”, scrive Erika. “Non ne ho di fatto diritto perche’, se non trovo un lavoro onesto, devo emigrare o scegliere di scendere a patti con la malavita, unico vero ammortizzatore sociale della nostra regione. Ma io la droga non la so trasportare, non so neanche che colore abbia”. “Soltanto se nasco a Milano ho il diritto ad avere l’affetto dei miei genitori?”, scrive ancora il giovane ingegnere. “Presidente, come tantissimi altri genitori anche i miei hanno speso tutte le proprie risorse per assicurarmi un futuro dignitoso e ora li devo abbandonare? Chi si curera’ di loro? In una regione dove mancano i trasporti, la sanita’, i servizi essenziali, chi li assistera’?”, scrive ancora la giovane calabrese al Presidente Napolitano. “I potenti trovano qui, come in Campania e in Sicilia, masse di persone in un profondo stato di bisogno, pronti a cedere i propri voti in cambio della promessa di una possibilita’. Uno Stato che abbandona la sua rappresentanza piu’ debole non e’ uno Stato. Il “posto fisso vicino a mamma”, demonizzato dal presidente Monti e dai suoi ministri Fornero e Cancellieri (i cui figli pero’ si annoiano con lauti e sicuri stipendi vicino casa), dovrebbe essere un diritto di tutti e un impegno per uno Stato che voglia dirsi civile. Con la fame non andiamo da nessuna parte, non resta altro che emigrare. E pazienza se intere generazioni di professionisti hanno reso lustre il Nord a spese dei genitori meridionali. Che da oggi, ufficialmente, sono condannati ad invecchiare da soli”, conclude la giovane Erika Pinto.
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